Ci sono ricordi che non si possono dimenticare, tanto sono forti nella nostra memoria.

Il sorriso di Francesca è uno di questi.

Quel sorriso che abbiamo avuto la fortuna di conoscere anni fa durante le lezioni di teatro, dietro le quinte e sul palcoscenico. E da quel sorriso è nato qualcosa. Una sera ci siamo seduti e abbiamo iniziato ad ascoltare parole e note di qualcuno che a lei piaceva molto, uno dei più grandi cantautori italiani: Fabrizio De Andre’.

Ci siamo immersi in quelle ballate, nelle vite e nelle storie di personaggi ai margini della società e abbiamo iniziato a scrivere. Ce li siamo immaginati e abbiamo deciso di dargli nuova vita, di interpretarli a modo nostro, di farli salire sul palcoscenico e da quelle sessioni di scrittura collettiva è nato un testo teatrale che in pochi mesi è diventato uno spettacolo.

Con i nostri più bei sorrisi e con quello di Francesca nel cuore auguriamo a tutti gli spettatori una buona visione.

Le attrici e gli attori di QuinteOFF.

Di seguito è possibile leggere i testi delle canzoni che abbiamo scelto ed ascoltato per creare questo spettacolo.

Il Pescatore (1968)

All’ombra dell’ultimo sole
S’era assopito un pescatore
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso
Venne alla spiaggia un assassino
Due occhi grandi da bambino
Due occhi enormi di paura
Eran gli specchi di un’avventura
E chiese al vecchio dammi il pane
Ho poco tempo e troppa fame
E chiese al vecchio dammi il vino
Ho sete e sono un assassino
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane
Per chi diceva ho sete e ho fame
E fu il calore di un momento
Poi via di nuovo verso il vento
Davanti agli occhi ancora il sole
Dietro alle spalle un pescatore
Dietro alle spalle un pescatore
E la memoria è già dolore
È già il rimpianto d’un aprile
Giocato all’ombra di un cortile
Vennero in sella due gendarmi
Vennero in sella con le armi
Chiesero al vecchio se lì vicino
Fosse passato un assassino
Ma all’ombra dell’ultimo sole
S’era assopito il pescatore
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso

Bocca di Rosa (1967)

La chiamavano bocca di rosa
Metteva l’amore, metteva l’amore
La chiamavano bocca di rosa
Metteva l’amore sopra ogni cosa
Appena scese alla stazione
Nel paesino di Sant’Ilario
Tutti si accorsero con uno sguardo
Che non si trattava di un missionario
C’è chi l’amore lo fa per noia
Chi se lo sceglie per professione
Bocca di rosa né l’uno né l’altro
Lei lo faceva per passione
Ma la passione spesso conduce
A soddisfare le proprie voglie
Senza indagare se il concupito
Ha il cuore libero oppure ha moglie
E fu così che da un giorno all’altro
Bocca di rosa si tirò addosso
L’ira funesta delle cagnette
A cui aveva sottratto l’osso
Ma le comari d’un paesino
Non brillano certo in iniziativa
Le contromisure fino a quel punto
Si limitavano all’invettiva
Si sa che la gente dà buoni consigli
Sentendosi come Gesù nel tempio
Si sa che la gente dà buoni consigli
Se non può più dare cattivo esempio
Così una vecchia mai stata moglie
Senza mai figli, senza più voglie
Si prese la briga e di certo il gusto
Di dare a tutte il consiglio giusto
E rivolgendosi alle cornute
Le apostrofò con parole argute
“Il furto d’amore sarà punito”
Disse “dall’ordine costituito”
E quelle andarono dal commissario
E dissero senza parafrasare
“Quella schifosa ha già troppi clienti
Più di un consorzio alimentare”
Ed arrivarono quattro gendarmi
Con i pennacchi, con i pennacchi
Ed arrivarono quattro gendarmi
Con i pennacchi e con le armi
Spesso gli sbirri e i carabinieri
Al proprio dovere vengono meno
Ma non quando sono in alta uniforme
E l’accompagnarono al primo treno
Alla stazione c’erano tutti
Dal commissario al sacrestano
Alla stazione c’erano tutti
Con gli occhi rossi e il cappello in mano
A salutare chi per un poco
Senza pretese, senza pretese
A salutare chi per un poco
Portò l’amore nel paese
C’era un cartello giallo
Con una scritta nera
Diceva “addio bocca di rosa
Con te se ne parte la primavera”
Ma una notizia un po’ originale
Non ha bisogno di alcun giornale
Come una freccia dall’arco scocca
Vola veloce di bocca in bocca
E alla stazione successiva
Molta più gente di quando partiva
Chi mandò un bacio, chi gettò un fiore
Chi si prenota per due ore
Persino il parroco che non disprezza
Fra un miserere e un’estrema unzione
Il bene effimero della bellezza
La vuole accanto in processione
E con la Vergine in prima fila
E bocca di rosa poco lontano
Si porta a spasso per il paese
L’amore sacro e l’amor profano

Via del Campo (1967)

Via del Campo, c’è una graziosa
Gli occhi grandi color di foglia
Tutta notte sta sulla soglia
Vende a tutti la stessa rosa
Via del Campo, c’è una bambina
Con le labbra color rugiada
Gli occhi grigi come la strada
Nascon fiori dove cammina
Via del Campo, c’è una puttana
Gli occhi grandi color di foglia
Se di amarla ti vien la voglia
Basta prenderla per la mano
E ti sembra di andar lontano
Lei ti guarda con un sorriso
Non credevi che il paradiso
Fosse solo lì al primo piano
Via del Campo, ci va un illuso
A pregarla di maritare
A vederla salir le scale
Fino a quando il balcone è chiuso
Ama e ridi se amor risponde
Piangi forte se non ti sente
Dai diamanti non nasce niente
Dal letame nascono i fior
Dai diamanti non nasce niente
Dal letame nascono i fior

La Città Vecchia (1966)

Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
Ha già troppi impegni per scaldar la gente d’altri paraggi
Una bimba canta la canzone antica della donnaccia
Quel che ancor non sai, tu lo imparerai solo qui fra le mie braccia
E se alla sua età lei difetterà la competenza
Presto affinerà le capacità con l’esperienza
Dove sono andati i tempi d’una volta, per Giunone
Quando ci voleva per fare il mestiere anche un po’ di vocazione
Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino
Quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino
Li troverai là col tempo che fa estate e inverno
A stratracannare, a stramaledir le donne, il tempo ed il governo
Loro cercan là la felicità dentro a un bicchiere
Per dimenticare d’esser stati presi per il sedere
Ci sarà allegria anche in agonia col vino forte
Porteran sul viso l’ombra d’un sorriso fra le braccia della morte
Vecchio professore, cosa vai cercando in quel portone?
Forse quella che sola ti può dare una lezione
Quella che di giorno chiami con disprezzo “pubblica moglie”
Quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie
Tu la cercherai, tu la invocherai più d’una notte
Ti alzerai disfatto, rimandando tutto al 27
Quando incasserai, delapiderai mezza pensione
Diecimila lire per sentirti dire “micio bello” e “bamboccione”
Se t’inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli
In quell’aria spessa, carica di sale, gonfia di odori
Lì ci troverai i ladri, gli assassini e il tipo strano
Quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano
Se tu penserai e giudicherai da buon borghese
Li condannerai a cinquemila anni più le spese
Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
Se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo

La Ballata del Miché (1955)

Quando hanno aperto la cella
Era già tardi perché
Con una corda sul collo
Freddo pendeva Michè
Tutte le volte che un gallo
Sento cantar penserò
A quella notte in prigione
Quando Michè s’impiccò
Stanotte Michè
S’è impiccato a un chiodo perché
Non poteva restare vent’anni in prigione
Lontano da te
Nel buio Michè
Se n’è andato sapendo che a te
Non poteva mai dire che aveva ammazzato
Perché amava te
Io so che Michè
Ha voluto morire perché
Ti restasse il ricordo del bene profondo
Che aveva per te
Vent’anni gli avevano dato
La Corte decise così
Perché un giorno aveva ammazzato
Chi voleva rubargli Marì
Lo avevan perciò condannato
Vent’anni in prigione a marcir
Però adesso che lui s’è impiccato
La porta gli devono aprir
Se pure Michè
Non ti ha scritto spiegando perché
Se n’è andato dal mondo tu sai che l’ha fatto
Soltanto per te
Domani alle tre
Nella fossa comune sarà
Senza il prete e la messa perché di un suicida
Non hanno pietà
Domani alle tre
Nella terra bagnata sarà
E qualcuno una croce col nome e la data
Su lui pianterà
E qualcuno una croce col nome e la data
Su lui pianterà

La Ballata dell’Amore Cieco (1966)

Un uomo onesto, un uomo probo
Tralalalalla tralallaleru
S’innamorò perdutamente
D’una che non lo amava niente.
Gli disse portami domani
Tralalalalla tralallaleru
Gli disse portami domani
Il cuore di tua madre per i miei cani.
Lui dalla madre andò e l’uccise
Tralalalalla tralallaleru
Dal petto il cuore le strappò
E dal suo amore ritornò.
Non era il cuore, non era il cuore
Tralalalalla tralallaleru
Non le bastava quell’orrore
Voleva un’altra prova del suo cieco amore.
Gli disse amor se mi vuoi bene
Tralalalalla tralallaleru
Gli disse amor se mi vuoi bene
Tagliati dei polsi le quattro vene.
Le vene ai polsi lui si tagliò
Tralalalalla tralallaleru
E come il sangue ne sgorgò
Correndo come un pazzo da lei tornò.
Gli disse lei ridendo forte,
Tralalalalla tralallalero
Gli disse lei ridendo forte,
L’ultima tua prova sarà la morte.
E mentre il sangue lento usciva
E ormai cambiava il suo colore,
La vanità fredda gioiva,
Un uomo s’era ucciso per il suo amore.
Fuori soffiava dolce il vento
Tralalalalla tralallaleru
Ma lei fu presa da sgomento
Quando lo vide morir contento.
Morir contento e innamorato
Quando a lei niente era restato
Non il suo amore non il suo bene
Ma solo il sangue secco delle sue vene.

Nella Mia Ora di Libertà (1973)

Di respirare la stessa aria
D’un secondino non mi va
Perciò ho deciso di rinunciare
Alla mia ora di libertà
Se c’è qualcosa da spartire
Tra un prigioniero e il suo piantone
Che non sia l’aria di quel cortile
Voglio soltanto che sia prigione
Che non sia l’aria di quel cortile
Voglio soltanto che sia prigione
È cominciata un’ora prima
E un’ora dopo era già finita
Ho visto gente venire sola
E poi insieme verso l’uscita
Non mi aspettavo un vostro errore
Uomini e donne di tribunale
Se fossi stato al vostro posto
Ma al vostro posto non ci so stare
Se fossi stato al vostro posto
Ma al vostro posto non ci so stare
Fuori dell’aula sulla strada
Ma in mezzo al fuori anche fuori di là
Ho chiesto al meglio della mia faccia
Una polemica di dignità
Tante le grinte, le ghigne, i musi
Vagli a spiegare che è primavera
E poi lo sanno, ma preferiscono
Vederla togliere a chi va in galera
E poi lo sanno, ma preferiscono
Vederla togliere a chi va in galera
Tante le grinte, le ghigne, i musi
Poche le facce, tra loro lei
Si sta chiedendo tutto in un giorno
Si suggerisce, ci giurerei
Quel che dirà di me alla gente
Quel che dirà ve lo dico io
Da un po’ di tempo era un po’ cambiato
Ma non nel dirmi amore mio
Da un po’ di tempo era un po’ cambiato
Ma non nel dirmi amore mio
Certo bisogna farne di strada
Da una ginnastica d’obbedienza
Fino ad un gesto molto più umano
Che ti dia il senso della violenza
Però bisogna farne altrettanta
Per diventare così coglioni
Da non riuscire più a capire
Che non ci sono poteri buoni
Da non riuscire più a capire
Che non ci sono poteri buoni
E adesso imparo un sacco di cose
In mezzo agli altri vestiti uguali
Tranne qual è il crimine giusto
Per non passare da criminali
Ci hanno insegnato la meraviglia
Verso la gente che ruba il pane
Ora sappiamo che è un delitto
Il non rubare quando si ha fame
Ora sappiamo che è un delitto
Il non rubare quando si ha fame
Di respirare la stessa aria
Dei secondini non ci va
E abbiam deciso di imprigionarli
Durante l’ora di libertà
Venite adesso alla prigione
State a sentire sulla porta
La nostra ultima canzone
Che vi ripete un’altra volta
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti

Don Raffaè (1990)

Io mi chiamo Pasquale Cafiero
E son brigadiero del carcere, oiné
Io mi chiamo Cafiero Pasquale
E sto a Poggio Reale dal ’53
E al centesimo catenaccio
Alla sera mi sento uno straccio
Per fortuna che al braccio speciale
C’è un uomo geniale che parla co’ me
Tutto il giorno con quattro infamoni
Briganti, papponi, cornuti e lacchè
Tutte l’ore co’ ‘sta fetenzia
Che sputa minaccia e s’a piglia co’ me
Ma alla fine m’assetto papale
Mi sbottono e mi leggo ‘o giornale
Mi consiglio con don Raffae’
Mi spiega che penso e bevimm’ ‘o café
Ah, che bell’ ‘o cafè
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co’ a ricetta ch’a Ciccirinella
Compagno di cella, c’ha dato mammà
Prima pagina, venti notizie
Ventuno ingiustizie e lo Stato che fa
Si costerna, s’indigna, s’impegna
Poi getta la spugna con gran dignità
Mi scervello e m’asciugo la fronte
Per fortuna c’è chi mi risponde
A quell’uomo sceltissimo immenso
Io chiedo consenso a don Raffae’
Un galantuomo che tiene sei figli
Ha chiesto una casa e ci danno consigli
Mentre ‘o assessore, che Dio lo perdoni
‘Ndrento a ‘e roulotte ci alleva i visoni
Voi vi basta una mossa, una voce
C’ha ‘sto Cristo ci levano ‘a croce
Con rispetto, s’è fatto le tre
Volite ‘a spremuta o volite ‘o cafè?
Ah, che bell’ ‘o cafè
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co’ a ricetta ch’a Ciccirinella
Compagno di cella, c’ha dato mammà
Ah, che bell’ ‘o café
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co’ a ricetta di Ciccirinella
Compagno di cella, preciso a mammà
Ca’ ci sta l’inflazione, la svalutazione
E la borsa ce l’ha chi ce l’ha
Io non tengo compendio che chillo stipendio
E un ambo se sogno ‘a papà
Aggiungete mia figlia Innocenza
Vuo’ ‘o marito, non tiene pazienza
Non vi chiedo la grazia pe’ me
Vi faccio la barba o la fate da sé?
Voi tenete un cappotto cammello
Che al maxi-processo eravate ‘o cchiù bello
Un vestito gessato marrone
Così ci è sembrato alla televisione
Pe’ ‘ste nozze vi prego, Eccellenza
Mi prestasse pe’ fare presenza
Io già tengo le scarpe e ‘o gilley
Gradite ‘o Campari o volite o cafè?
Ah, che bell’ ‘o café
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co’ a ricetta ch’a Ciccirinella
Compagno di cella, cc’ha dato mammà
Ah, che bell’ ‘o café
Pure in carcere ‘o sanno fa
Co’ a ricetta di Ciccirinella
Compagno di cella, preciso a mammà
Qui non c’è più decoro, le carceri d’oro
Ma chi l’ha mai viste chissà
Chiste so’ fatiscienti, pe’ chisto i fetienti
Si tengono l’immunità
Don Raffae’ voi politicamente
Io ve lo giuro, sarebbe ‘nu santo
Ma ‘ca dinto voi state a pagà
E fora chist’ati se stanno a spassa’
A proposito tengo ‘nu frate
Che da quindici anni sta disoccupato
Che s’ha fatto cinquanta concorsi
Novanta domande e duecento ricorsi
Voi che date conforto e lavoro
Eminenza, vi bacio, v’imploro
Chillo duorme co’ mamma e con me
Che crema d’Arabia ch’è chisto cafè

Marinella (1966)

Questa di Marinella è la storia vera
Che scivolò nel fiume a primavera
Ma il vento che la vide così bella
Dal fiume la portò sopra una stella
Sola senza il ricordo di un dolore
Vivevi senza il sogno d’un amore
Ma un re senza corona e senza scorta
Bussò tre volte un giorno alla tua porta
Bianco come la luna il suo cappello
Come l’amore rosso il suo mantello
Tu lo seguisti senza una ragione
Come un ragazzo segue l’aquilone
E c’era il sole e avevi gli occhi belli
Lui ti baciò le labbra ed i capelli
C’era la luna e avevi gli occhi stanchi
Lui pose le sue mani sui tuoi fianchi
Furono baci e furono sorrisi
Poi furono soltanto i fiordalisi
Che videro con gli occhi delle stelle
Fremere al vento e ai baci la tua pelle
Dicono poi che mentre ritornavi
Nel fiume, chissà come, scivolavi
E lui che non ti volle creder morta
Bussò cent’anni ancora alla tua porta
Questa è la tua canzone, Marinella
Che sei volata in cielo su una stella
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno, come le rose
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno, come le rose